In questi ultimi anni, complice il successo del dittico de I leoni di Sicilia di Stefania Auci dedicato alla famiglia palermitana dei Florio, c’è stata da parte dei lettori un crescente desiderio di riscoperta delle vicende che hanno connotato le grandi famiglie che tra fine Ottocento e inizio Novecento hanno posto le basi del capitalismo italiano.
In Al di qua del fiume Alessandra Selmi ha raccontato i Crespi (imprenditori tessili), ne La salita dei giganti Francesco Casolo ha narrato i piemontesi Menabrea, ne L’elisir dei sogni Silvia Cinelli si è cimentata con i lombardi Campari (inventori della celebre bevanda) e in Michele Ferrero Salvatore Giannella ha ripercorso le tappe della vita di uno dei giganti dell’imprenditoria italiana.
A questo fortunato filone si aggiunge ora Il canto della fortuna, romanzo d’esordio di Chiara Bianchi pubblicato da Salani, dove l’autrice – editor freelance originaria di Taranto ma di stanza a Berlino – narra le gesta della famiglia Rizzoli a partire dal capostipite Angelo Rizzoli (1889-1970), un vero e proprio self-made man che, partendo dall’orfanotrofio dei Martinitt, è stato capace di costruire un vero e proprio impero imprenditoriale.
Entrato in orfanotrofio all’età di otto anni, lì Angelo prende la licenza elementare e dopo una breve esperienza da orafo si innamora subito della carta stampata, inebriato dall’odore dell’inchiostro e stregato dalla moltitudine dei caratteri a disposizione, tanto da decidere che la tipografia sarà il suo mestiere.
È l’inizio della sua fortuna: non solo diventa il più bravo di tutti, ma sviluppa ben presto un certo senso per gli affari nel mondo della carta stampata. Nel giro di qualche decennio diventa il re delle riviste e dei libri: fonda l’omonima casa editrice, pubblica Oggi, L’Europeo e Il Mondo, e vara la collana BUR, la celebre Biblioteca Universale Rizzoli destinata alle famiglie.
Consolidata l’impresa editoriale, Angelo capisce che il cinema può essere il suo prossimo campo d’azione, e ben presto eccelle anche lì: produce e distribuisce la fortunatissima serie di film di Don Camillo con Gino Cervi e Fernandel e opere di Roberto Rossellini, Vittorio De Sica (Umberto D.), Federico Fellini (La dolce vita e 8 e ½) e Michelangelo Antonioni (Deserto rosso).
Dal Secondo dopoguerra alla sua morte, avvenuta nel 1970, Angelo Rizzoli è a capo di un impero attorno al quale ruotano le più importanti vicende culturali e di costume del panorama italiano. Ma anche se parla alla pari con il Presidente del Consiglio ed è circondato da attrici, scrittori e arrivisti, è anche il patriarca di una famiglia turbolenta, di cui tiene le fila grazie all’amatissima moglie Anna, dalla quale ha avuto quattro figli. Il primogenito Andrea nel 1954 diventerà presidente del Milan, con cui vincerà quattro scudetti e una Coppa dei Campioni (1963), prima squadra italiana a ottenere tale trofeo.
Patron di Ischia, di cui ha fatto un piccolo paradiso, vincitore di Oscar con De Sica e Fellini e inventore del grande Milan di Gipo Viani e Nereo Rocco, in cuor suo Angelo Rizzoli sa che figli e nipoti non saranno mai in grado di gestire quell’impero all’apparenza così indistruttibile (si stima abbia lasciato un patrimonio di 100 miliardi di lire). Intrecciando le passioni private dei Rizzoli con gli eventi di un’Italia in profondo cambiamento, ne Il canto della fortuna Chiara Bianchi ricostruisce il complesso mosaico di una dinastia che ha incarnato le laceranti contraddizioni di un secolo e tutto il suo fascino.
Ma com'è entrato Angelo Rizzoli nella vita dell'autrice? Lo abbiamo chiesto all'autrice durante la puntata di Connessioni dedicata al suo libro, ecco cosa ci ha risposto!